L’attacco frontale al piatto più noto nel mondo – gli spaghetti alla bolognese – sferrato ancora una volta dal primo cittadino di Bologna, da un lato evidenzia la scarsa attitudine dei politici a impegnarsi in cose più utili per la propria città (che problemi da risolvere ne ha ancora molti) dall’altro fa capire l’ennesima occasione perduta di Bologna che ha un fortissimo “brand” a disposizione e per di più che non è costato nulla! Infatti creare appositamente un brand di questo tipo e farlo conoscere in tutto il mondo avrebbe, oggi, un costo inimmaginabile.

Come da tempo affermiamo, in incontri pubblici come nella pubblicazione dell’amico Piero Valdiserra, purtroppo scomparso prematuramente, nel suo libro “Spaghetti alla bolognese: l’altra faccia del tipico” da noi pubblicato, la promozione della città felsinea potrebbe e dovrebbe fruire del traino di questo marchio. Poi al turista che verrà a Bologna si faranno conoscere le prelibatezze della ns. cucina e di tutto il resto che la nostra città sa offrire ad un turista. Ma è un discorso che non vuole essere recepito dalle istituzioni e da molti cosiddetti esperti. Non ci prolunghiamo a ricordare quanto l’amico Giancarlo Roversi ha già ben descritto con una approfondita ricerca storica nel suo testo allegato e nel libro che sta ultimando.

In ogni caso difendiamo un piatto amato dalla gente come da politici ben noti quale la Cancelliera Merkel e difendiamo il ragù alla bolognese quale eccellente condimento sia per la pasta all’uovo che per lo spaghetto.

La scoperta della  ricetta degli spaghetti bolognesi

Gianluigi Mazzoni, quale portavoce del comitato per la promozione della vera ricetta, gli Spaghetti Bolognese, richiamando quanto meglio descritto nel sito, comunica che dal 2016 è stata depositata la ricetta degli spaghetti bolognesi ricavata dall’esperienza delle arzdoure della bassa bolognese che nei giorni feriali usavano integrare il ragù rimasto dal condimento delle tagliatelle della domenica con salsiccia di maiale e piselli, creando così un gustoso condimento che buttavano sugli spaghetti. Tale usanza è diffusa sin dall’inizio del Novecento ad oggi. Tale ricetta è stata proposta con grande successo in numerosi eventi in Italia e all’estero e costituisce una ‘rieducazione’ dei più disparati condimenti che si usano all’estero sugli spaghetti. Riteniamo così di aver ricondotto questo piatto universale nel corretto alveo della tradizione bolognese. Ovviamente è un piatto ‘povero’ che costituisce un contorno ai piatti più pregiati della tradizione (lasagne, tagliatelle, etc). In questo modo si contemperano entrambe le esigenze, da una parte di conservare questo piatto conosciuto e diffuso in tutto il mondo, riconducendolo alla sua storicità e attualità e, dall’altra, appunto sulla scorta di detto piatto da noi riscoperto, apprezzare, diffondere e privilegiare i piatti più tradizionali di pasta e ragù della nostra cucina.

A integrazione del suo articolo, uscito alcuni anni fa,  Giancarlo Roversi ci ha rilasciato queste ultime annotazioni

“E’ ora di finirla – dice il giornalista e storico dell’alimentazione (con al suo attivo un gran numero di libri, saggi e ricerche sulla cultura del cibo a Bologna) – con l’inveterata abitudine dei bolognesi di fare del deleterio autolesionismo. Tanto più in una stupida querelle come quella degli spaghetti versus tagliatelle, portata avanti sulla base del sentito dire e di una erronea antistorica credenza diffusa alla metà del secolo scorso.

Una credenza che oggi ha come paladini chi non ha mai consultato un archivio, praticato una gerarchia ed esegesi delle fonti documentarie e bibliografiche e cronachistiche e che quindi di storia alimentare ha una preparazione deficitaria.

Purtroppo, dispiace rilevarlo, fra questi c’ è anche qualche famoso chef, insuperabile nelle sue creazioni culinarie ma non provvisto di un solido bagaglio di storia alimentare come quando afferma che a Bologna si è sempre mangiato pasta fresca a e non secca. Senza tenere conto che in una città, che ha sfiorato prima della peste del 1630, i 60 mila abitanti, era pressoché impossibile fare ameno di un congrua produzione di pasta secca quotidiana come confermano i documenti. Altro arzdoure petroniane che si alzano tutte le mattine e fare la sfoglia per le tagliatelle lasagne, tortellini stricchetti, tortelloni e via di seguito.

Quindi finiamola di portare avanti una bagarre che assomiglia solo a una eunucomachia e lasciamo che i garagisti facciano i garagisti, i postini i postini, i ragionieri i ragionieri, i preti i preti e che i colleghi giornalisti verifichino sempre la fondatezza di notizie abbastanza risibili come quelle di un campo non minato come quello alimentare. E anche che i politici, se non conoscono a fondo una materia, si interessino di altro!”

Ma di tutto questo si parlerà abbondantemente in un volume di prossima pubblicazione a New York, curato dallo stesso Roversi e da un collega americano perché, non bisogna dimenticare che il Paese che consuma più spaghetti, diciamo “alla bolognese”, sono gli U.S.A dove esiste anche una nutrita associazione di cultori.

Le verità non dette sugli ‘Spaghetti alla bolognese’
Exit mobile version